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La nuova centralità televisiva. Schermi, contenuti e pratiche delle audience connesse. Intervista a Marco Camilli

Marco Camilli ci svela come Palomar ha affrontato i cambiamenti imposti da altri mercati nella produzione

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Non si può negare che il prodotto televisivo, soprattutto italiano, stia attraversando una fase di profondo cambiamento sia a causa dell’ingresso di nuovi player di mercato, portatori di diversi metodi di fruizione, i cui “semi” erano, però, già presenti, sia a causa del dover, in qualche modo, stare al passo con le audience, che già da anni guardano con favore ai modelli di fruizione e di produzione americani. Di questa fase stratificata e complessa che sta attraversando il mercato della produzione televisiva ne abbiamo parlato con Marco Camilli di Palomar, impresa che è rimasta al passo con questo scenario in rapido mutamento e che ha effettuato delle scelte interessanti, soprattutto in relazione alle produzioni più “teen”.

Marco Camilli è stato uno dei relatori al convegnoLa nuova centralità televisiva. Schermi, contenuti, pratiche delle audience connesse”, che si è tenuto al MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo –  il 30 Marzo 2016, all’interno del panel: La vita digitale dei contenuti televisivi.

Parliamo di due casi interessanti di Palomar destinati al target teen: penso in particolare a Braccialetti rossi e Lontana da me, due prodotti diversi che si avvantaggiano della progressiva ibridazione tra TV e web. Puoi descriverci – anche rispetto a queste esperienze – quali sono le strategie editoriali e digital di Palomar per favorire l’engagement e la partecipazione delle audience più giovani ?

Innanzitutto diciamo che la strategia social legata a questi due racconti ha molti punti in comune: Lontana da me è, in un certo modo, una “costola” di Braccialetti rossi, essendo una serie web che ha per protagonista uno dei ragazzi più amati dal pubblico, soprattutto teen, di Braccialetti.

Nel caso di Braccialetti rossi, partendo da un racconto già editorialmente molto “calibrato” su un ascolto teen, si è cercato di creare interesse sui social in primo luogo e di rendere la fruizione della serie molto più vicina a quel pubblico. Attraverso una app, dei quiz e dei contenuti speciali rilasciati sia durante l’emissione sia negli altri giorni della settimana, si è creata una community molto attiva ed attenta di veri e propri appassionati della serie. Questa community ha reso possibile un rapporto diretto e continuativo con lo zoccolo “duro” dei fan, permettendo alla serie di essere “in vita” e di alimentarsi anche al di fuori della emissione di nuovi fan. Tutto ciò ha ovviamente avuto un impatto importante sulla “scrittura” delle serie successive, rendendo possibile veramente un allineamento quasi giornaliero con i gusti del pubblico.

Lontana da me, invece, essendo un racconto pensato direttamente per il web, è stato ideato ipotizzando una porzione di racconto importante e determinante offscreen, direi. Parte del racconto infatti viaggiava sui social dei personaggi e questo ha permesso una necessaria fusione tra questi ultimi e il pubblico, creando un interesse molto forte nelle audience più giovani.

Altro aspetto divertente da sottolineare di Lontana da me è stato proprio il processo inverso ovvero la domanda che ci siamo posti ad un certo punto è stata come fare a rendere questo racconto appetibile sia  ai ragazzi più attenti e motivati, che ci seguiranno anche sui social, sia ai ragazzi che vedranno solo le singole puntate emesse. La riposta l’abbiamo trovata creando un racconto multi livello e frazionabile che ha veramente molteplici possibilità di fruizione.

 

 Quanto pesa, nella fase di costruzione del progetto editoriale, l’idea della transmedialità cioè la declinazione del testo su diversi linguaggi e formati e la predisposizione per le audience di molteplici touch point con il contenuto? 

Ormai questa attenzione è sempre più al centro del lavoro editoriale, con peso maggiore in considerazione del pubblico principale di riferimento. In passato l’attenzione era soprattutto da un punto di vista promozionale, quindi direi in una fase finale di presentazione al pubblico. Oggi, soprattutto per prodotti destinati principalmente ad un pubblico under 40, la transmedialità  è affrontata come uno dei requisiti dirimenti sulla scelta di un progetto o sulla strada da intraprendere per rendere al meglio l’appeal del racconto per il pubblico sia da un punto di vista narrativo editoriale sia da un punto di vista di contenuti aggiuntivi e per esplicarne le potenzialità in tutte le fasi del progetto. Tornando ad un esempio pratico citato in precedenza, con Braccialetti rossi, nel corso delle tre serie, sono stati girati oltre 150 ore di contenuti aggiuntivi da proporre al pubblico attraverso mezzi diversi dalla messa in onda (social, internet, app etc). Tutto questo, vista la grande quantità di racconto che ha necessitato, non può che essere connaturato e coordinato con la proposta editoriale, ancor prima che promozionale, riguardo alla serie,

Quali sono le sfide aperte dal mercato internazionale rispetto all’evoluzione della serialità italiana?  Penso, ad esempio, alla moltiplicazione dell’offerta seriale in modalità binge watching da Netflix e ora sempre più anche da Sky: quanto inciderà a livello di linguaggi e formati questa grande diversificazione dell’offerta? Si ridefinirà il gusto delle audience anche rispetto alla serialità italiana?

Come in tutti i casi storicizzati precedentemente è impossibile dire che un’abitudine di fruizione così diversa e nuova non influenzi i contenuti. Ma la trasformazione più importante deve sempre e comunque partire dalla qualità degli stessi e, se possibile, cercare di sfruttare queste nuove forme di fruizione per migliorare. Così come da stimolo deve fare l’enorme facilità di visione di serie straniere. Il nostro compito non può che essere quello di trovare buone storie e renderle cinematograficamente al meglio, solo così, puntando su una qualità di contenuti, modi di renderli, proposte al pubblico e promozione, si potrà continuare ad essere sul mercato con risultati positivi, in un contesto sempre più “libero” e quindi diversificato.

Ogni nuova forma di fruizione non può che esaltare la ricerca di una continua qualità maggiore e, solo tramite essa, si riuscirà a inventare storie e modi di racconto che appassionino, stimolino e appaghino le audience più diverse e diversificate nei sistemi di fruizione. Il binge watching non ha fatto altro che rafforzare una tendenza che finalmente si sta esplicando anche in Italia con tutta la sua forza ovvero l’affermazione di una serialità fortemente orizzontale e di temi alti e complessi, a dispetto di una serialità verticale. In questo caso, data una proposta del genere e avendo mezzi tecnici che rendono facile possibile e disponibile l’intero contenuto, credo che la forma di fruizione proposta sia, tutto sommato, una logica conseguenza.

Marco Camilli (Roma, 1978). Dopo la laurea in “Scienze della comunicazione”, nel 2006 arriva alla casa di produzione Palomar, dove attualmente è responsabile editoriale. Tra i suoi lavori: Il Commissario Montalbano (2006-2015) di Alberto Sironi, Noi credevamo (2010) di Mario Martone, Un giorno speciale (2012) di Francesca Comencini, L’isola (2012) di Alberto Negrin, L’intrepido (2013) di Gianni Amelio, Un mondo nuovo – Altiero Spinelli (2014) di Alberto Negrin, Il giovane favoloso (2015) di Mario Martone, Una storia sbagliata (2015) di Gianluca Maria Tavarelli, Dobbiamo parlare (2015) di Sergio Rubini, Il delitti del BarLume (2014-2016) di Eugenio Cappuccio, Roan Johnson, Braccialetti rossi (2013-2016) di Giacomo Campiotti, Piuma (2016) di Roan Johnson.

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