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La nuova centralità televisiva. Schermi, contenuti e pratiche delle audience connesse. Intervista a Laura Corbetta

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La comunicazione pubblicitaria sta attraversando una fase di profondi cambiamenti: i brand si allontanano sempre più da forme di comunicazione “one-way” e si dimostrano più inclini a valorizzare le componenti dell’ engagement e dell’interazione insite nel branded content. In questo modo è possibile veicolare un valore aggiunto, informativo o di intrattenimento, all’esperienza di fruizione, senza costituirne una semplice interruzione: si è passati dal monologo commerciale alla costruzione condivisa, e continua, del messaggio e dei valori del brand. Con Laura Corbetta, CEO di Yam112003 – Endemol Shine Group, abbiamo parlato dei punti di forza e delle potenzialità del branded content, con particolare riferimento al contesto televisivo.

Laura Corbetta sarà presente al convegno “La nuova centralità televisiva. Schermi, contenuti, pratiche delle audience connesse”, che si terrà al MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, il 30 Marzo 2016 – all’interno del panel: La vita digitale dei contenuti televisivi.

 

I prodotti di branded content sul web sono caratterizzati prevalentemente da formati medio-brevi, pillole facilmente fruibili e condivisibili. Come si adatta e/o si integra questa modalità comunicativa rispetto alla programmazione televisiva?

A Yam112003 stiamo lavorando già moltissimo sul branded content televisivo, per esempio con prodotti come TopDj e Mixologist. TopDj, in onda su Italia 1, è un talent dedicato al mondo del clubbing che vede la sponsorizzazione di grandi brand come Samsung e Perfetti; Mixologist è un altro talent sviluppato per Discovery, con la partecipazione di Campari.

Il tema del branded content televisivo è un tema molto forte e spesso riesce a sviluppare argomenti che i broadcaster tradizionalmente non andrebbero a coprire: nel caso di TopDj, per esempio, viene raccontato il mondo del clubbing, un mondo di nicchia che difficilmente potrebbe trovare spazio in tv ma che invece rappresenta un territorio di comunicazione molto significativo per le aziende.

Si tratta di mixare formati, linguaggi e tempi televisivi con le esigenze di comunicazione dei brand riuscendo a trovare una mediazione interessante per l’audience finale, orientata all’entertainment. Il digitale può essere, invece, integrato alla tv per coprire aspetti più tecnici. Per esempio, in Mixologist il dettaglio o la scheda tecnica di un dato cocktail sono contenuti che non possono essere sviluppati in tv ma che trovano nel digitale un valido supporto.

Infine, va considerato il fatto che all’interno della tv il brand entra perimetrato da vincoli di carattere normativo che ne limitano l’esposizione e la citazione.

In ogni caso, sia che si parli di tv o di digitale, dove la scelta del breve è legata alle dinamiche di fruizione, non ci sono dubbi che il branded content è la nuova frontiera della comunicazione delle aziende che, anziché utilizzare lo spot da 30” o il banner come sempre hanno fatto, sempre di più frequentano modalità di narrazione, di storytelling breve o lungo per raccontarsi. Lo spot rappresenta la cristallizzazione del brand mentre i contenuti di branded content garantiscono un’interazione continua con le audience, portando avanti una co-produzione del messaggio e dei significati legati al brand.

Quale combinazione tra categorie merceologiche e generi televisivi è più adatta per sviluppare progetti di branded entertainment in Italia? E nel mercato internazionale?

Più che categorie o generi specifici, l’aspetto fondamentale nello sviluppo del branded content è il posizionamento e la dimensione valoriale del brand. su questo devono essere chiamati a lavorare gli autori e la parte creativa. Non è detto che ci debba essere un’associazione così diretta tra brand e contenuto come avviene per Mixologist, TopDj o Masterchef: molto spesso sul palcoscenico mediale sono rappresentati valori, aspirazioni, visioni che, anche non passando dall’esposizione diretta del brand, riescono comunque a creare una comunicazione molto significativa con le audience, come per esempio ha fatto Coca-Cola lavorando sul concetto di “Happiness”. L’aspetto fondamentale, ancor prima della categoria merceologica o del genere televisivo, sta nel lavoro dei creativi sugli insights di brand per riuscire a trovare contenuti e formati adeguati alla comunicazione del brand.

Grazie alla progressiva ibridazione tra TV e web gli influencer e le star della rete stanno diventando sempre più centrali anche per la programmazione televisiva. Cosa può significare questo dal punto di vista della definizione di strategie di branded entertainment?

Il fenomeno delle web stars e degli influencer è interessante per lo scouting e il recruitment di talenti per la televisione o per il cinema, grazie alle sconfinate possibilità offerte dalla rete. Tuttavia, la bravura è una qualità che si manifesta e si esprime nel tempo, sulla quale bisogna lavorare: spesso il mondo della rete esprime grandi verticalità con artisti legati a una particolare generazione e a un dato momento storico e non c’è certezza che poi quegli stessi artisti abbiano successo in altre piattaforme e in altri contesti. In ogni caso, il fenomeno è senza dubbio di grande interesse per le aziende, soprattutto per la capacità delle web stars di portarsi dietro audience molto profilate, molto ingaggiate e motivate ad ascoltare quello che l’artista, il creator, in quel momento ha da dire loro. È un fenomeno che interessa trasversalmente brand e tv: quando a X-Factor viene dato spazio a Fedez, che ha un radicamento nella rete così forte, è evidente che la strategia sottostante è quella di appropriazione e presidio di un’audience giovane, meno disponibile a guardare la televisione tradizionalmente. Il tema centrale, che è portante rispetto al fenomeno degli influencer, è proprio la volontà da parte dei brand (o dei broadcaster) di lavorare verticalmente su nicchie di utenti; i talenti della rete gli garantiscono questa possibilità.

 

laura

Laura Corbetta è CEO di YAM112003. La sua carriera nel mondo della comunicazione inizia nel marketing editoriale di Fininvest – poi Mediaset – dove lavora per 10 anni occupandosi di analisi dati, prodotto, scenari, strategia e promozione.

Successivamente si dedica alla consulenza strategica sviluppando ampie competenze in campo digitale. Nel 2004 fonda YAM112003 che, dopo 12 anni, rappresenta una delle realtà multi-canale più interessanti e dinamiche sul mercato italiano dei contenuti grazie anche al suo posizionamento internazionale. Dal 2006, YAM112003 è parte di Endemol Shine Group.

 

 

 

 

 

 

 

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