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Dalla social tv al social commerce – Parte 2

"Buongiorno, posso aiutarla"? "No, grazie. Per ora do solo un'occhiata"

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Abbiamo visto nel precedente articolo che la ricerca di informazioni sui brand è un’attività molto diffusa tra le audience che dividono l’attenzione tra schermo televisivo e quello di tablet o smartphone. In questa seconda parte, si cercherà di analizzare più in generale il contesto del social commerce cercando di capire se il trend è favorevole per lo sviluppo di strategie di placement crossmediali.

Ancora una volta, conviene partire da un dato di fatto: i social media sono diventati uno dei principali canali di contatto e ricerca con i brand, subito dopo i motori di ricerca e le recensioni di altri utenti. Secondo Global Web Index, per esempio, il 36% degli utenti Facebook utilizza i social media per cercare maggiori informazioni sui brand a cui sono interessati.

principali canali di ricerca info brand

Se da un lato è vero che sempre più spesso le decisioni di acquisto nascono e si consolidano nei social media, così come del resto le scelte di fruizione televisiva, dall’altro le piattaforme “social” non sono viste ancora come luogo in cui finalizzare l’acquisto, come dimostra il grafico sottostante.

social commerce

Il grafico racconta in maniera abbastanza evidente che i social media sono sì diventati un’importante fonte di traffico per i siti di e-commerce o per i siti dei brand stessi, ma non ancora il luogo dove arrivare al “check out”. Se si esclude Tumblr, la cui percentuale è più alta perché utilizzato da utenti più giovani (e supponendo ci sia un rapporto inversamente proporzionale tra “età” e “propensione all’utilizzo del buy button”), notiamo che per le altre piattaforme, coloro che sarebbero interessati  ad utilizzare il buy button, e quindi a completare la transazione all’interno dei social media, oscillano tra il 10% e il 15%, con un leggero vantaggio delle piattaforme più “visual”.

Il dato è in leggera controtendenza rispetto allo sviluppo dei vari “buy button” implementati ormai su moltissime piattaforme: Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Snapchat, perfino YouTube, tutti si sono dotati del bottone magico, cercando di migliorarne l’efficacia.

La logica che guida l’introduzione e lo sviluppo di queste nuove feature, che in parte (e momentaneamente) trascendono anche l’effettivo interesse degli utenti nel social commerce, è racchiusa in una sola parola: mobile. Se è vero che le pagine visitate da mobile hanno ormai superato quelle visitate da desktop, bisogna pensare anche nuovi sistemi che rendano più facile acquistare da mobile. Come affermato da Patrick Collision, CEO e co-fondatore di Stripe, l’esperienza di acquisto deve essere modellata in base al device con cui è effettuata: “le app (e i buy button, n.d.r.) accorciano il funnel di acquisto perché ogni cosa è a disposizione nel momento stesso della scoperta”. È molto più probabile che un utente compia un acquisto direttamente all’interno della stessa app che non quando si trovi ad atterrare su siti o app esterne. Infatti, se la navigazione multi-windows può funzionare da desktop, potendo gestire velocemente le finestre a disposizione, questo rimbalzo continuo può risultare fatale nel mobile. Ed è in questo punto che si innesta l’utilità di uno strumento come il buy button. I risultati, soprattutto per alcuni social media più predisposti allo shopping, sono sorprendenti. Michael Yamartino, responsabile commerciale di Pinterest, ha dichiarato che da Giugno, mese in cui è stata introdotta la feature, ad Ottobre, il numero dei “buyable pins” è raddoppiato da 30 a 60 Milioni e che la probabilità di concludere un acquisto è più che raddoppiata rispetto ai pin “tradizionali”.

Segno che anche gli utenti stanno lentamente acclimatandosi alla nuova tecnologia, riconoscendo ai social media anche un ruolo puramente commerciale oltre a quello, già consolidato, di vetrina e mercato dell’informazione dove scambiarsi recensioni o scoprire nuovi prodotti. Forse a breve si passerà dal “No grazie, do solo un’occhiata veloce” al “compro le scarpe, i lacci e perfino la suoletta” (ogni riferimento a negozi di scarpe è puramente casuale).

To be continued…

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